Sono stati i radioamatori i primi a rilevare il segnale di AlmaSat-1, il satellite dell’università di Bologna rilasciato in orbita dal lanciatore dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) nel suo primo volo, avvenuto con successo il 13 febbraio.

”I radioamatori non hanno risorse per costruire satelliti, ma hanno molto interesse per lo spazio e così mettono a disposizione dei ricercatori la loro esperienza nel settore delle telecomunicazioni” - ha osservato il responsabile del gruppo che ha realizzato AlmaSat-1, Paolo Tortora. I parametri relativi alla traiettoria del satellite, elaborati dai ricercatori, sono così stati messi a disposizione delle associazioni dei radioamatori. E’ accaduto così – ha raccontato Tortora - ”che ancora prima che noi lo ricevessimo, il segnale di ritorno di AlmaSat-1era stato ricevuto da un radioamatore tedesco, che mi ha avvertito con una e-mail”.

Questo è accaduto perchè il satellite ha sorvolato il Nord Europa prima dell’Italia. ”Poi sono arrivate via via segnalazioni anche da altri gruppi di radioamatori e adesso – ha proseguito il ricercatore – AlmaSat-1trasmette informazioni sulla telemetria ogni due minuti. E’ in perfetto stato di salute”.

Un cubo dal lato di 30 centimetri e pesante poco più di 13 chilogrammi, AlmaSat-1 (Alma Mater Satellite) è stato progettato come una struttura da utilizzare per missioni di dimostrazione tecnologica o di osservazione della Terra.

 

AlmaSat-1

 

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L'Alma Mater conquista lo spazio

 

11 aprile 2011

Intervista a  Paolo Tortora

 

A cura di: Matteo Benni

Il primo frutto del laboratorio di Microsatelliti e Microsistemi Spaziali, legato alla Seconda Facoltà di Ingegneria e guidato dal prof. Paolo Tortora, è un cubo di 30 centimetri per lato e 12,5 chili di peso. Andrà in orbita con il lancio inaugurale, dalla Guyana Francese, di Vega, il nuovo lanciatore dell'Agenzia spaziale europea

E' un cubo di 30 centimetri per lato e 12,5 chili di peso, è stato progettato e costruito da studenti e ricercatori dell'Alma Mater ed è destinato allo spazio. ALMASat-1, questo il suo nome, è un vero e proprio satellite, primo prodotto del laboratorio di Microsatelliti e Microsistemi Spaziali, della sede di Forlì della Seconda Facoltà di Ingegneria. Ancora qualche mese e finirà in orbita sopra le nostre teste.

Un percorso, come si può immaginare, lungo e non certo semplice quello che ha portato a un traguardo simile. Affrontato con buone dosi di costanza, perizia ed inventiva. "Il progetto - spiega il prof. Paolo Tortora, direttore del laboratorio di Microsatelliti - è partito nel 2004, un anno dopo la nascita del laboratorio. Il primo anno è stato dedicato alla realizzazione di una stazione di ricezione e trasmissione satellitare". A mettere le mani su ALMASat-1, assieme allo staff del laboratorio, sono stati gli studenti: ne sono passati una quarantina nel corso dei sei anni di progettazione e costruzione. "Quello didattico - continua Tortora - è l'aspetto prevalente del lavoro. Assieme al personale strutturato sono stati 35-40 gli studenti che, nel corso del loro tirocinio e/o tesi di laurea, hanno messo le mani sopra ad ALMASat-1, ognuno prendendosi carico di un piccolo sottosistema".

Uno sforzo che sarà ripagato il prossimo settembre, quando dalla Guyana Francese partirà il volo inaugurale di Vega, lanciatore dell'Agenzia spaziale europea. Il satellite targato Alma Mater sarà incluso come carico secondario e una volta in orbita sarà controllato da Forlì, grazie alla stazione satellitare automatica messa a punto dal laboratorio. "Per le prime ore è previsto un monitoraggio costante, per accertarsi che tutto funzioni e vada per il meglio. In seguito il controllo passerà in automatico. In caso di problemi abbiamo creato un sistema di allarme che contatta il personale del laboratorio via Sms".

Ma come è fatto ALMASat-1? "E' un cubo di 30 centimetri di lato e 12,5 chilogrammi di peso. Dopo quello didattico, l'aspetto tecnologico è stato centrale: per quanto il sistema sia semplice e a basso costo, sono comunque stati fatti una serie di sforzi verso tecnologie nuove. Utilizzando componentistica commerciale in ambito spaziale". Sulle batterie, ad esempio: il satellite utilizza quelle a ioni di litio che si possono comunemente trovare nei dispositivi elettronici portatili. O nei pannelli solari che forniscono energia al sistema, costruiti completamente "in casa" a partire dalle singole celle solari. E ancora, nel sistema di propulsione, che costituisce l'esperimento tecnologico portante di ALMASat-1. "E' un sistema a propulsione miniaturizzato a gas freddo", spiega ancora il prof. Tortora. "In un serbatoio è contenuto dell'azoto compresso che viene fatto espandere attraverso dodici micro-ugelli. Si genera così una spinta propulsiva piccolissima, sufficiente però a permettere il controllo d'assetto e il corretto puntamento del satellite".

Tutto pronto quindi, e fra pochi mesi potremo vedere un piccolo pezzo di Alma Mater galleggiare nello spazio. Il lancio è stato più volte rimandato, ma questa dovrebbe essere la volta buona. "Se non è settembre sarà ottobre", dice Tortora. "Le carte ci sono tutte e il carico è pronto per partire".

Nel frattempo il laboratorio di Microsatelliti non sta certo con le mani in mano. "Siamo già al lavoro sul successore di ALMASat-1: si chiamerà ALMASat-EO e sarà un satellite dedicato all'osservazione della Terra dallo spazio". Finanziato dal Miur, il nuovo satellite segna anche l'avvio di ALMASpace lo spin-off commerciale nato dal laboratorio di Microsatelliti. "Al momento dà lavoro a sei persone, tutti laureati che sono passati dal nostro laboratorio". Il nuovo satellite è già stato accettato per il secondo lancio del lanciatore Vega.

 

Fonte: magazineunibo


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