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In elettronica, il transistor, detto anche transistore, abbreviazione del termine inglese transfer-resistor, è un dispositivo a semiconduttore largamente usato sia nell'elettronica analogica che nell'elettronica digitale.
Il transistor è costituito da un materiale semiconduttore al quale sono applicati tre terminali che lo collegano al circuito esterno. L'applicazione di una tensione elettrica o di una corrente a due terminali permette di regolare il flusso di corrente che attraversa il dispositivo, e questo permette di amplificare il segnale in ingresso.
Il funzionamento del transistor è basato sulla giunzione p-n, scoperta casualmente da Russell Ohl il 23 febbraio 1939.
Esistono principalmente due diverse tipologie di transistor, il transistor a giunzione bipolare ed il transistor ad effetto di campo, ed è possibile miniaturizzare i dispositivi di entrambe le categorie all'interno di circuiti integrati, il che li rende un componente fondamentale nell'ambito della microelettronica.
I transistor vengono impiegati principalmente come amplificatori di segnali elettrici o come interruttori elettronici comandati, ed hanno in larga parte sostituito i tubi termoionici.
Il termine "transistor" è stato utilizzato nel linguaggio comune anche per identificare le piccole radio AM portatili a pile, che furono la prima applicazione di questi dispositivi a raggiungere il mercato di massa, negli anni '50.
Storia
Il fisico Julius Edgar Lilienfeld progettò il primo transistor in Canada nel 1925, descrivendo un dispositivo simile all'attuale transistor ad effetto di campo.[1] Tuttavia Lilienfeld non pubblicò alcuna ricerca a tal proposito, e nel 1934 l'inventore tedesco Oskar Heil brevettò un dispositivo molto simile.[2]
Il primo transistor era realizzato con due elettrodi le cui punte molto sottili e distanti tra loro alcuni centesimi di millimetro, per la precisione da 127 a 50 micron, che erano premuti sulla superficie di una piastrina di un cristallo di germanio molto puro, policristallino e di tipo n. La tecnica del contatto puntiforme era già nota ed utilizzata per la costruzione dei diodi rivelatori. Provvisoriamente, dato che il transistor funzionava in modo analogo ad un triodo, venne chiamato triodo a stato solido: il nome definitivo deriva dall'unione dei termini "TRANSconductance" e "varISTOR". Il primo prototipo funzionante fu realizzato nel 1947 da tre ricercatori dei laboratori Bell Labs: John Bardeen, Walter Brattain e William Shockley. Nel 1956 i tre ricercatori furono insigniti del premio Nobel per la Fisica con la motivazione «per le ricerche sui semiconduttori e per la scoperta dell'effetto transistor». Già verso la fine degli anni '50 la produzione di transistor si orientò verso l'utilizzo del silicio come elemento semiconduttore e negli anni '70 il transistor al germanio divenne obsoleto.
Le tipologie dei contenitori del dispositivo si sono moltiplicate, e negli anni sono stati usati materiali come la ceramica, il metallo, la plastica o assemblaggi misti. Negli anni '60 venne usato anche il vetro: il produttore europeo Philips, racchiudeva i propri dispositivi di piccola potenza, ad esempio quelli siglati OC70, OC71, in un'ampollina cilindrica in vetro nero, riempita di grasso al silicone. Nel caso il dispositivo avesse dissipazione maggiore, come l'OC72, il dispositivo era ricoperto semplicemente da un cappuccio in alluminio, avendo reofori identici, il collettore era contraddistinto da un puntino di vernice rossa. Nel tempo molte tipologie di contenitori sono andate in disuso a favore di geometrie piu efficienti nello smaltimento del calore prodotto. I dispositivi di potenza attuali per bassa frequenza, compresi alcune tipologie di diodi e di IC, vengono assemblati nel contenitore standard definito TO3, provvisto di due flangie forate, adatte al fissaggio sul dissipatore tramite una coppia di viti. Realizzato in acciaio, rame, o alluminio, con temperatura ambiente di 25 °C è in grado di trasferire al dissipatore, 300 watt di potenza termica generata dal Die.
Il primo tipo di transistor sperimentato e poi prodotto fu il transistor a giunzione bipolare, in cui sia elettroni che lacune contribuiscono al passaggio della corrente. In seguito furono creati altri tipi di transistor, in cui il passaggio di corrente avveniva grazie ad un solo tipo di portatori di carica, detti transistor ad effetto di campo. Entrambe le tipologie, nel tempo, hanno dato origine a molti tipi diversi di transistor, usati per gli scopi più vari. Lo strumento di misura utilizzato per la verifica e la caratterizzazione dei molteplici parametri dei transistor, nonché dei diodi, è il curve tracer, dall'aspetto simile ad un oscilloscopio: questo tipo di strumento è storicamente prodotto dalla società Tektronix.
Tipologie
Le due principali tipologie di transistor sono il transistor a giunzione bipolare ed il transistor ad effetto di campo, descritti di seguito:
Transistor a giunzione bipolare
Per approfondire, vedi la voce transistor a giunzione bipolare. |
Il transistor a giunzione bipolare, anche chiamato con l'acronimo BJT, è una tipologia di transistor largamente usata nel campo dell'elettronica analogica.
Il transistor a giunzione bipolare è un componente elettronico attivo usato principalmente come amplificatore ed interruttore.
Si tratta di tre strati di materiale semiconduttore drogato, solitamente il silicio, in cui lo strato centrale ha drogaggio opposto agli altri due, in modo da formare una doppia giunzione p-n. Ad ogni strato è associato un terminale: quello centrale prende il nome di base, quelli esterni sono detti collettore ed emettitore. Il principio di funzionamento del BJT si fonda sulla possibilità di controllare la conduttività elettrica del dispositivo, e quindi la corrente elettrica che lo attraversa, mediante l'applicazione di una tensione tra i suoi terminali. Tale dispositivo coinvolge sia i portatori di carica maggioritari che quelli minoritari, e pertanto questo tipo di transistore è detto dipolare.
Ognuno dei tre terminali può essere considerato un terminale di ingresso o di uscita, e due di essi possono essere connessi: in tal caso il transistor può assumere le configurazioni a base comune, a collettore comune o a emettitore comune.
Insieme al transistor ad effetto di campo, il BJT è il transistor più diffuso in elettronica. Il dispositivo è in grado di offrire una maggiore corrente in uscita rispetto al FET, mentre ha lo svantaggio di non avere il terminale di controllo isolato.
Transistor ad effetto di campo
Per approfondire, vedi la voce transistor ad effetto di campo. |
Il transistor ad effetto di campo, anche chiamato con l'acronimo FET, è una tipologia di transistor largamente usata nel campo dell'elettronica digitale e diffusa, in maniera minore, anche nell'elettronica analogica.
Si tratta di un substrato di materiale semiconduttore drogato, solitamente il silicio, al quale sono applicati quattro terminali: gate (porta), source (sorgente), drain (pozzo) e bulk (substrato); quest'ultimo, se presente, è generalmente connesso al source. Il principio di funzionamento del transistor a effetto di campo si fonda sulla possibilità di controllare la conduttività elettrica del dispositivo, e quindi la corrente elettrica che lo attraversa, mediante la formazione di un campo elettrico al suo interno. Il processo di conduzione coinvolge solo i portatori di carica maggioritari, pertanto questo tipo di transistore è detto unipolare.
La diversificazione dei metodi e dei materiali usati nella realizzazione del dispositivo ha portato alla distinzione di tre principali famiglie di FET: JFET, MESFET e MOSFET. Il JFET, abbreviazione di Junction FET, è dotato di una giunzione p-n come elettrodo rettificante; il MESFET, abbreviazione di Metal Semiconductor FET, una giunzione Schottky raddrizzante metallo-semiconduttore ed il MOSFET, abbreviazione di Metal Oxide Semiconductor FET, genera il campo elettrico grazie ad una struttura metallica esterna, separata dalla giunzione da uno strato di dielettrico.
Il transistor a effetto di campo è stato inventato da Julius Edgar Lilienfeld in 1925, ma i primi dispositivi costruiti, i JFET, risalgono 1952, quando fu tecnologicamente possibile realizzarli. Il Fet più diffuso è il MOSFET, introdotto da Kahng nel 1960.[3]
Insieme al transistor a giunzione bipolare, il FET è il transistor più diffuso in elettronica: a differenza del BJT esso presenta il vantaggio di avere il terminale gate di controllo isolato, nel quale non passa alcuna corrente; mentre ha lo svantaggio di non essere in grado di offrire molta corrente in uscita. In genere i circuiti con transistor FET hanno infatti una alta impedenza di uscita, erogando quindi correnti molto deboli.
Altri tipi di transistor
Con l'evolversi della tecnologia sono stati creati diversi altri tipi di transistor, adatti a usi particolari. Tra i più diffusi vi sono il transistore unigiunzione, un generatore di impulsi che non può amplificare né commutare, e gli Insulated Gate Bipolar Transistor, dispositivi ibridi fra i transistor bipolari e i Mosfet, adatti a gestire correnti elevate. Vi sono inoltre transistor sviluppati per applicazioni di ricerca, capaci di ottenere prestazioni quali sopportare elevate correnti o elevate frequenze di funzionamento: nel 2006 un transistor al silicio-germanio ha raggiunto in laboratorio la frequenza di commutazione di 500 GHz.[4]
Note
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^ Lilienfeld, Julius Edgar, "Method and apparatus for controlling electric current" U.S. Patent 1745175 1930-01-28 (filed in Canada 1925-10-22, in US 1926-10-08).
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^ Heil, Oskar, "Improvements in or relating to electrical amplifiers and other control arrangements and devices", Patent No. GB439457, European Patent Office, filed in Great Britain 1934-03-02, published 1935-12-06 (originally filed in Germany 1934-03-02).
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^ http://www.computerhistory.org/semiconductor/timeline/1960-MOS.html
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^ Record di velocità per i transistor
Bibliografia
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Jacob Millman e Arvin Grabel. Microelettronica. McGraw-Hill, 1995. ISBN 88-386-0678-1
Voci correlate
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Transistor 3D
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Giunzione p-n
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Semiconduttore
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Transistor a giunzione bipolare
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MOSFET
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JFET
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CMUT
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IGBT
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Effetto Early
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Transistor Schottky
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Package (elettronica)
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2N3055