IL BUIO DELL’UNIVERSO

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Nel corso di una mia conferenza tenuta in un istituto scolastico, un alunno mi chiese il motivo perché, dopo il tramonto del Sole, il cielo diventa buio nonostante la presenza di una enorme quantità di stelle sparse nell’Universo. Confesso di non aver saputo rispondere in quanto questo è un argomento poco trattato, per cui divagai, eludendo quanto mi era stato chiesto dall’alunno. Quindi, nell’intento di sanare questa mia deficienza, non appena rientrato, ho provveduto immediatamente a documentarmi, scoprendo che chi ha proposto una teoria sostenibile è stato un astrofilo:  Heinrich Wilhelm Olbers (Fig.1) un medico tedesco con molta competenza in materia. Il Dottor Olbers elenca nel suo curriculum la scoperta di ben cinque comete; di asteroidi, tra cui Pallade e Vesta; e addirittura la riscoperta di Cerere, in quanto il primo scopritore, Padre Giuseppe Piazzi, lo aveva perso di vista a causa avverse condizioni meteorologiche. Fu Olbers ad enunciare la sua teoria definita “Il Paradosso di Olbers” che non era una legge cosmica vera e propria, ma che si basava sul “Principio Cosmologico”; e cioè: l’Universo è immutabile ed infinito; l’Universo non ha zone di privilegio. Una teoria in voga nel 1800; stravolta poi da Albert Einstein con la teoria della Relatività. A questo va aggiunto che prima della “Teoria della Relatività Generale” di Einstein, non era ben chiaro il meccanismo che alimentava le stelle. Per cui viaggiavano in parallelo due teorie: la prima di Julius Robert Von Mayer che riteneva l’energia delle stelle dovuta agli impatti delle comete e delle meteoriti; e la seconda di William Thomson, convinto della contrazione gravitazionale che provocava  il collasso delle stelle su se stesse. A queste teorie, si aggiunse anche quella di Johannes Kepler, il quale sosteneva che l’Universo non era affatto infinito ma limitato da un muro di completa oscurità; e che le stelle era raggruppate in una sfera al di la del muro di confine dell’Universo. L’astronomo svizzero Jean Philippe Loys invece sosteneva che, al posto del muro di Keplero, fosse la polvere protostellare ad impedire la propagazione della luce stellare. Insomma un vero paradosso! A risolvere la questione fu, ancora una volta, un astrofilo americano: Edgard Allan Poe (Fig.2) cultore di cosmologia, ma anche scrittore e poeta. La sua teoria affermava che le enormi distanze dell’Universo non consentivano a nessun raggio luminoso di propagarsi velocemente tale da raggiungerci (la velocità di propagazione della luce è circa 300.000 Km/s). Per cui, l’espansione dell’Universo (Legge di Hubble) concorre ad allontanare le stelle e la possibilità di illuminare il buio della notte. A questo, va aggiunta la vita delle stelle, che come sappiamo sono candele nucleari, le quali, consumato tutto l’idrogeno, scompaiono. Tale teoria fu presentata nel corso di una conferenza cosmologica tenutasi a New York nel 1848 e pubblicata nell’opera scientifica Eureka.Teoria, confermata nel 1956 dal cosmologo  Hermann Bondi che ne studiò accuratamente i dettagli. Così la  teoria dell’astrofilo Edgard Poe diede una spallata definitiva alle precedenti teorie e rispose alla domanda:  “come è possibile che il  cielo notturno sia buio nonostante l'infinità di stelle presenti nell'Universo”.  Ma, sebbene la teoria di Poe mise fine alla discussione che vedeva al centro il Paradosso di Olbers, come accade sempre, divise il mondo scientifico in sostenitori di questa o quella teoria. Ad esempio il cosmologo Edward Harrison ritiene che le stelle non producono energia sufficiente per illuminare l’Universo e che il Paradosso di Olbers andrebbe rivisto. Sta di fatto che se noi puntiamo lo sguardo in una direzione qualunque del cielo, potremo guardare nello spazio tra le stelle che conosciamo, ma ci saranno altre stelle più lontane e così di seguito, fino a che incontreremo la luminosissima superficie di una stella (Fig.3). Dunque l'intero cielo dovrebbe brillare con la stessa intensità  stellare del Sole; ma così non è, perché le stelle più lontane ci appaiono meno luminose. Senza contare la presenza della materia oscura che supera di gran lunga la materia visibile e della quale non conosciamo le dinamiche, perché non emette segnali luminosi e non emette segnali radio o quant’altro possa darci una logica spiegazione della sua presenza. Sappiamo che è presente nell’Universo, unitamente all’energia oscura che la governa, formulando soltanto ipotesi. Ad esempio: ipotizziamo di trovarci in una sala da ballo completamente al buio, dove, al centro della sala, sta ballando una coppia di ballerini e che non riusciamo a vedere il ballerino in quanto indossa un abito nero; ma riusciamo a vedere la ballerina, la quale sfoggia un coloratissimo abito adornato di lustrini e monili, intenta a muoversi graziosamente con il suo compagno di ballo.(Fig.4). Anche se bizzarro, questo esempio, rappresenta la certezza della Dark Matter,; ed io sono certo che in futuro la ricerca ci permetterà di vedere anche il ballerino, ovvero la Materia Oscura, abbondante nell’Universo. Heinrich Wilhelm Olbers era nato in Germania, a  Arbergen, l’11 Ottobre 1758 ed è morto a Brema , Germania il 2 Marzo 1758 , era molto conosciuto dagli astrofili di quel tempo per l'intensa attività di astronomo amatoriale ed i suoi notevoli risultati; passato agli onori della storia per “il Paradosso di Olbers”.

                                                       

                                                                           di Giovanni Lorusso (IK0ELN)

 

Fig.1 Heinrich Wilhelm Matthias Olbers Fig.2 Edgar Allan Poe
Fig.3 Cielo stellato Fig.4 Dark Mater Example