di Giovanni Lorusso (IK0ELN)
Dopo le recenti scoperte da parte della sonda Keplero, si rafforza la certezza della probabile presenza di forme di vita su altri pianeti. Sono davvero tanti gli Esopianeti di taglia terrestre scoperti dal telescopio a bordo di Keplero che potrebbero ospitare forme di vita, magari intelligenti. Una ricerca, questa, che nasce già nel lontano 1960, ad opera del giovane radioastronomo Frank Drake, il quale, attraverso il Progetto Ozma (il progetto Ozma prese il nome dalla meravigliosa favola “Il Mago di Oz”) inizia la ricerca in banda radio, per la prima volta, sulla frequenza di 1420 Ghz. A seguire poi il Progetto Cyclops, finanziato della NASA, che vedeva coinvolti Frank Drake e Bernard Oliver. Il grande radiotelescopio Ciclope, che era stato messo in progetto, avrebbe dovuto essere formato da 1500 antenne; ma a causa dei costi elevatissimi venne messo da parte. Nel 1979 nasce il programma Serendip presso l’Universita di Berkeley in California, ed il SETI (Serch for Extra Terrestrial Intelligence) finalmente aveva accesso alle risorse di grandi strumenti che, in tutto il mondo, erano dedicati alla radioastronomia. Il nome Serendip è acronimo di “Search for Extraterrestrial Radio Emission from Nearby Developed Intelligent Populations”; e fa riferimento al concetto di “serendipita” che nella fattispecie consentirebbe di ricevere l’eventuale presenza di un segnale extraterrestre nel corso delle osservazioni radio di routine che ogni giorno i radioastronomi svolgono, ma che non hanno come obbiettivo principale quello di cercare segnali extraterrestre. Tale era la convinzione dell'esistenza di civiltà extraterrestri da parte di Frank Drake che elaborò una equazione, ricordata come “l'Equazione di Drake” (Fig.1) dove, alla fine dei calcoli, dava per certa la presenza di forme di vita in qualche parte dell'Universo. Il progetto Serendip ha come comune denominatore la condivisione dello stesso ricevitore già presente in ogni radiotelescopio. Così, il Serendip, negli ultimi 30 anni ha seguito la legge di Moore (Gordon Moore, nato a San Francisco il 3 Gennaio 1929 era un informatico statuitense; cofondatore della Fairchild Semiconductor nel 1957; e dell'INTEL nel 1968) e fino al 1990 purtroppo non fu in grado di analizzare bande superiori ai Mhz. Ma con l'avvento del Serendip 5° (Fig.2) la ricerca si è estesa fino ad alcune centinaia di Mhz di banda, con una canalizzazione di oltre 2 miliardi di canali. L'altro sistema innovativo è stato il “Piggyback” (Fig.3) cioè osservare a “cavalluccio”; ovvero un metodo che consente di condurre quotidiane osservazioni SETI parallelamente a quelle di routine. Un sistema che gli astrofili conoscono benissimo, quando utilizzando una montatura equatoriale, equipaggiata con moto orario,e vi installano in parallelo una macchina fotografica. Per cui nella ricerca SETI, osservare in piggyback, non occorre necessariamente chiedere l’uso dell'antenna del radiotelescopio; in quanto è sufficiente rimanere in “ascolto”, 24 ore su 24, utilizzando appunto il sistema Serendip. E sebbene il Serendip riduce di molto i costi della ricerca, tuttavia vi sono alcuni compromessi che bisogna accettare. Dunque, ogni radiotelescopio segue giornalmente un programma di osservazioni già calendarizzate, dove per ognuna di esse vengono selezionate: La banda e la frequenza operativa; la zona di cielo da puntare; la durata dei tempi usati per ogni misura. Ed è qui che nascono i compromessi, perché da queste condizioni restrittive, non e semplice poter fare buone osservazioni SETI in piggyback. Infatti ogni semplice misura radioastronomica e formata da almeno tre fasi denominate «Nodding Cycle». Poi ogni dato radioastronomico è calibrato a partire da tre diverse misure: la prima “On Source” cioè il momento in cui il radiotelescopio sta puntando ed inseguendo la sorgente radio; la seconda “Off Source” che riguarda l’osservazione di una zona limitrofa alla sorgente, ovvero sia: il “fondo cielo”, una parte radio-quieta che va sottratta all’”On Sourc” ed infine la “Cal” che, intende la “Calibrazione” dove viene accesa e spenta una marca nota in Kelvin. Questa alternanza “On-Off-Call” avviene con un ciclo che può variare da pochi secondi a qualche minuto e probabilmente potrebbe creare disturbo ad una osservazione SETI in piggyback, in quanto l’antenna viene fisicamente spostata continuatamente dalla sorgente a fuori sorgente, generando una perdita di tempo di integrazione che, nel tempo, si traduce in una perdita di sensibilità radiometrica; tradotto in parole povere: in una sordità per eventuali segnali deboli. In cinquanta anni, fare ricerca SETI e stato più volte considerato a come cercare l’ago in un pagliaio; o miliardi di pagliai. Però oggi tutti concordano sulla tesi che non siamo soli nell’Universo, probabilmente a partire dalla nostra Galassia, la Via Lattea. Sono in tanti a ritenere che potrebbero esservi migliaia di civiltà tecnologicamente molto più evolute della nostra; e con molto ottimismo credono che rivelare un segnale artificiale con i radiotelescopi sia solo una questione di tempo. Purtroppo va detto che negli ultimi anni la ricerca SETI non ha goduto di grandi risorse, se non di contributi volontari offerti da grandi aziende leader e di collaborazioni volontarie ad opera di associazioni di categoria, tra cui I.A.R.A. Group www.iaragroup.org nata presso il Radiotelescopio Croce del Nord di Medicina (Bologna). Ma vediamo ora come dovrebbero essere un segnale extraterrestre che arriva dal lo Spazio. Il primo requisito indispensabile di un segnale proveniente dallo Spazio è che esso abbia un alto rapporto segnale/rumore, tale da essere ricevuto da un radiotelescopio; ovvero un segnale monocromatico, simile ad un tono, una nota singola. Indubbiamente questo segnale avrà viaggiato per milioni anni luce prima di essere ricevuto, e nel corso del suo lungo viaggio avrà subito molti processi di rimodulazione a causa della scintillazione del mezzo interstellare che ha attraversato. Quindi, per conservare un ottimo rapporto segnale/rumore, il segnale dovrebbe essere trasmesso inevitabilmente il più monocromatico possibile. Il secondo requisito è che un segnale extraterrestre dovrebbe avere una alta potenza in trasmissione. Se un segnale viene trasmesso nella nostra Galassia e diretto verso la Terra, si propagherà alla velocità della luce, a circa 300.mila Kms. ma subirà una progressiva attenuazione pian piano che si allontana dalla sorgente di emissione. Tuttavia occorre dire, che anche se il segnale venga trasmesso ad alta potenza, per una distanza molto lunga, diventerebbe talmente debole da non essere neanche rivelato da un radiotelescopio. Il terzo requisito consiste nella necessità che un segnale SETI dovrebbe avere e una frequenza che cada all’interno della zona spettrale cosiddetta del “Water Hole” che e una regione dello spettro elettromagnetico a 1420 Mhz, dove l’atmosfera non e opaca e quindi lascerebbe passare eventuali segnali provenienti dallo Spazio. Il termine Water Hole (Fig.4) tradotto letteralmente come pozza d'acqua, è una zona particolarmente tranquilla della banda radio dello spettro elettromagnetico tra i 1420 e 1666 Mhz, corrispondenti a lunghezze d'onda di 21 e 18 centimetri, un termine coniato nel 1971 da Bernard Oliver; dove l'Ossidrile irradia a 18 cm. e l'Idrogeno Neutro irradia a 21 cem.. Questi due elementi chimici formano l'acqua; e, poiché l'acqua è l'elemento essenziale per la vita, almeno per quella che conosciamo noi, si spera che un civiltà extraterrestre, magari intelligente sia capace di generare segnali radio. Motivo per cui la ricerca SETI avviene sulla riga dell'Idrogeno a 1420 Mhz. Il primo tentativo lo mise in atto Frank Drake il 16 Novembre 1974, quando con il grande radiotelescopio di Arecibo lanciò il primo segnale radio di un milione di watt sulla frequenza di 2380 Mhz verso l'Ammasso Globulare M.13 nella costellazione di Ercole, distante dalla Terra 25.mila anni luce, ricco di stelle molto vicine tra loro e una enorme quantità di pianeti, dove, probabilmente, poteva essere ricevuto il radiosegnale terrestre! Seguirono altre trasmissioni di segnali radio nel 1999, nel 2003 e nel 2008 da Evpatoria – Ucraina, con una antenna da 70 metri di diametro. Segnali, inviati nello spazio che attendono delle risposte delle quali non sappiamo però fra quanto tempo, e se mai, un segnale SETI verrà ricevuto dai radiotelescopi terrestri. Per ora ci basti ricevere i segnali dalle atmosfere dei pianeti extrasolari che la sonda Kepler scopre giorno per giorno. La ricerca dell'ago nel pagliaio cominciò negli anni sessanta con il primo progetto di Frank Drake; ma nel 1999, all'Università di Berkley (California), due esperti nella ricerca: David Gedye e Craig Kasnoff presentarono il progetto SETI@home offrendo alla gente comune la possibilità di collaborare nella ricerca attraverso il calcolo distribuito, grazie all'invenzione di uno screensaver che, in tempo reale, mostrava l'elaborazione dei dati contenuti in una unità di lavoro, un pacchetto di dati acquisiti dal radiotelescopio di Arecibo, scaricato da un server centrale, gestito con la piattaforma Boinc (Berkley Open Infrastrutture for Network Computing). In Italia la ricerca SETI è iniziata nell'Aprile 1998, attraverso il progetto SETI Italia, presso il radiotelescopio Croce del Nord di Medicina – Bologna (Fig.5) e prosegue tuttora grazie all'apporto di nuove tecnologie, tra cui il programma SETI Piggyback che consente, in maniera simultanea, di osservare e schedulare segnali “sospetti” provenienti dal cielo. Siamo figli delle stelle perché le nostre lacrime sono salate come l'acqua del mare!